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BASILICA DI SAN PAOLO MAGGIORE IN BOLOGNA
LA BIBLIOTECA MUSICALE DEL CORO
PAULLIANUM
E IL RELATIVO SALVATAGGIO IN OCCASIONE DELLA DECENNALE
EUCARISTICA 2019
La storia
Il coro polifonico “Paullianum”, istituito presso la Basilica di
San Paolo Maggiore in Bologna nel 1959, gode di un singolare
primato che lo rende straordinario, se non unico, anche rispetto
a complessi vocali più rinomati o quotati: la sua biblioteca
musicale storica, forte di circa 120 spartiti in gran parte
originali. Un repertorio che spazia dal XVI secolo alla
contemporaneità, ricomprendendo – oltre che i classici dei
grandi maestri della polifonia - Palestrina, Bach, Händel,
Vivaldi, Mozart – anche brani moderni, noti e meno noti al
grande pubblico. Tra questi ultimi spiccano alcune pregevoli
opere dei maestri Lorenzo Baderna e Alessandro Brugola,
appartenenti a quell’Ordine dei Barnabiti cui è affidata la cura
della basilica e della parrocchia fin dalle sue origini (inizio
del XVII secolo).
L’elenco dei brani meritevoli di salvaguardia è riportato in
appendice. Come è naturale, infatti, rispetto all’intero
contenuto della biblioteca del coro, il censimento (e i
susseguenti interventi di salvataggio) si sono limitati ai soli
pezzi di pregio, editoriale e grafico: spartiti, in gran parte,
stampati su carta pesante (100÷120 g/m2), di colore generalmente
rosa-aranciato, più raramente bianco, con tirature limitate
(30÷50 pezzi), come doveva essere normale in tempi nei quali la
riproduzione su carta non era facilmente accessibile a tutti i
consessi né a tutte le borse. Non si è tenuto conto,
conseguentemente, delle acquisizioni più recenti, a partire
proprio dal momento in cui la facilità della riproduzione ha
moltiplicato a dismisura la varietà e la quantità degli
esemplari a disposizione del coro (a tutto scapito, occorre
dire, della qualità).
Il complesso delle partiture paulliane degne di attenzione e
tutela abbraccia, a ben vedere, un periodo di tempo alquanto
limitato, poco più di un decennio, avendo inizio alla fine degli
anni ’50 ed arrestandosi alla fine degli anni ’60 del secolo
decorso, allorché la tecnica della copiatura fotostatica
comincia a diffondersi e a rendersi economicamente accessibile.
Col nuovo millennio, poi, i sistemi di videoscrittura musicale
messi a disposizione dall’informatica rendono di pubblico
dominio anche la composizione grafica, con ciò allontanando
ulteriormente una pagina storica dominata da pochi eletti dotati
di grande maestria artigianale, se non artistica, oltre che di
grande cultura musicale.
Accanto alle partiture originali, espressamente create per
l’attività del coro e per lo più “marchiate” Paullianum, la
biblioteca comprende anche un limitato numero di spartiti
provenienti da edizioni storiche a suo tempo in commercio, ma
ormai del tutto introvabili. Anche questi sono stati fatti
oggetto di salvataggio, previa (all’occorrenza) riparazione.
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Gli artefici
Se, come si è detto, l’avvento dell’informatica consente oggi,
pressoché a chiunque sia in possesso di una sufficiente cultura
musicale, la realizzazione di uno spartito di buona qualità
estetica, la tecnologia assai più limitata di 60 anni fa
richiedeva all’estensore una capacità grafico-compositiva
estremamente affinata, oltre che grandissima dedizione e
pazienza.
Purtroppo gli spartiti originali, per un eccesso di modestia
dell’estensore, non venivano firmati; è già tanto se vi compare
un generico “Edizioni Paullianum” con l’anno di stampa. Ma per
quanto è dato riconoscere dall’esame dei testi, il più grande e
prolifico creatore di spartiti del Paullianum è stato padre
Enrico M. Sironi, in arte Hemsi.
Altri estensori di cui i membri del coro più anziani conservano
memoria sono il corista (basso) Mauro Natali e, forse, lo stesso
fondatore del coro, padre Franco M. Ghilardotti (figura
altamente carismatica e carissima allo scrivente, che ha avuto
il privilegio di conoscerlo).
In ogni caso la genesi grafica e tipografica degli spartiti
paulliani è un mondo a tutt’oggi inesplorato, il cui studio
esula dagli obiettivi del presente lavoro e la cui storia e
consistenza ben meriterebbero qualche approfondimento
successivo.
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Il salvataggio
Non può esservi dubbio sul presupposto che le partiture del
Paullianum fossero fatte per essere usate, dal direttore e dai
coristi (e in qualche edizione particolare, dall’organista, e,
persino, da concertisti: violino, viola, contrabbasso, tromba).
Così è stato per decenni, anche dopo la fine della produzione
degli spartiti originali, anche dopo che i pazienti e raffinati
magisteri compositivi che li hanno generati sono stati
sostituiti da tecniche di riproduzione più comuni, accessibili
ed economiche. Del resto il robusto supporto cartaceo utilizzato
nella stragrande maggioranza delle edizioni ne ha garantito a
lungo l’onorato servizio e la resistenza all’usura.
È vero anche che l’evoluzione “antropologica” del coro (un
processo fortemente influenzato dal progressivo spopolamento
delle parrocchie del centro storico; processo sul quale non è il
caso di soffermarsi in questa sede) ha favorito l’affermarsi una
sorta di polifonia “nazional-popolare”, o se si preferisce più
“democratica”, che si è limitata a frequentare pochi brani noti
e semplici, a scapito ovviamente di tutti quelli meno conosciuti
e più complessi, i cui spartiti sono rimasti pressoché intatti.
D’altra parte, come è naturale che avvenga, i brani più
gettonati hanno cominciato, col tempo, a deteriorarsi e a
scarseggiare. Due esempi per tutti:
- lo spartito del canto natalizio “Noël”, di buona qualità sia
nella veste musicale sia nel supporto (la consueta carta pesante
rosa-arancio), ma malauguratamente prodotto in un formato
leggermente eccedente (anche a causa di un pur elegante schizzo
della Natività, unico vezzo del valente estensore) si è col
tempo sfrangiato a forza di essere riposto in cartelle di
dimensioni, sia pur di poco, insufficienti (immagine 1);
- lo spartito del Panis angelicus di Franck (va detto: di
qualità grafica ed editoriale senza paragone inferiore al
precedente, basti citare il supporto fatto di carta bianca
ordinaria se non dozzinale) è andato quasi distrutto,
sopravvivendo solo in pochissimi esemplari sbrindellati
(immagine 2).
Pressoché tutti gli spartiti di uso corrente, in un arco di
mezzo secolo, hanno subito con l’uso danni o depauperamenti.
Tanto è bastato per decidere di sottrarre all’ulteriore
dispersione e usura tutta la biblioteca originale. Se è vero,
infatti, che – in questo caso almeno – è sufficiente la
sopravvivenza anche di un solo esemplare per salvare la specie,
è anche vero che oggi si possono ottenere copie fotostatiche
perfettamente fruibili con pochi centesimi di euro, anche in
casa propria. Quindi non è il caso di distinguere tra partiture
più o meno pregiate, più o meno minacciate di estinzione: si
deve salvare tutto! Si tratta, evidentemente, di un patrimonio
storico e musicale irripetibile, che merita salvaguardia e
rispetto.
La prima operazione di salvataggio, pressoché a costo zero e in
linea con le attuali possibilità offerte dall’informatica, è
consistita nella digitalizzazione (o scansione, o
scannerizzazione) di tutte le partiture di pregio. Tutte le
immagini scansionate sono state opportunamente ritagliate lungo
i contorni e salvate in formato pdf (non modificabile). Quelle
di uso tuttora corrente sono state messe a disposizione dei
coristi nell’area riservata del sito Internet del coro.
L’immagine 3 riporta un esempio di scansione fra i tanti: lo
spartito dell’Ave verum di Mozart, brano celeberrimo la cui
esecuzione è da sempre quasi onnipresente nelle celebrazioni
liturgiche. Salvataggio tra i più necessari in quanto la
dotazione cartacea, che originariamente constava di decine di
copie su ottimo supporto, si è ridotta dopo mezzo secolo di uso
indefesso a una manciata di esemplari, per lo più alquanto
consunti (diventando una sorta di “Panda” del Paullianum).
Quanto al salvataggio propriamente detto, quello degli esemplari
cartacei, va precisato che l’autore di queste note, che se ne è
incaricato, non ha competenze specifiche in materia, se si
eccettua la frequenza – nell’anno 2017 – a un corso amatoriale
di legatoria e cartonnage. D’altra parte l’oggetto delle nostre
attenzioni non è il Codex atlanticus di Leonardo da Vinci, e
quindi le pur modeste competenze dello scrivente, unitamente
alla buona volontà e alla più che ventennale dedizione al coro,
sono sembrate requisiti sufficienti in ossequio ai principi di
proporzionalità e ragionevolezza che dovrebbero informare (più
che mai spinti, in questi anni, dall’ordinamento comunitario)
ogni aspetto dell’umano agire.
Per questa ragione, si preferisce far ricorso a termini come
“riparazione” e “salvataggio”, anziché ad altri più ambiziosi
quali “catalogazione” o “restauro”, che nella loro accezione più
tecnica – al di là di quella corrente – richiedono grande rigore
e conoscenze scientifiche ben superiori (anche se,
verosimilmente, sproporzionate rispetto alle esigenze qui
ricorrenti).
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Gli attrezzi e i materiali
Le attrezzature utilizzate per le operazioni di salvataggio sono
solo quelle semplicissime di seguito descritte.
Taglierina (immagine 4)
È stata usata con grande parsimonia e moderazione, limitatamente
ai due casi tipici in appresso descritti:
- formati inusitati: la fattura artigianale delle partiture
storiche ha fatto sì che nella pur cospicua popolazione
complessiva non si trovi uno spartito uguale all’altro! alcuni
(pochi in verità) sono nati spropositatamente alti, il che può
rendere difficoltoso o persino impedire il ricovero nella
cartella d’archivio;
- spartiti sfrangiati in modo “endemico”; ossia quei casi in cui
il fenomeno è stato riscontrato nella grande maggioranza degli
esemplari (come nel caso, più sopra richiamato, di “Noël”), e
non isolatamente.
In entrambe le fattispecie si è fatto ricorso ad una rifilatura
“minima sindacale”, prestando sempre la massima attenzione a non
tagliare neanche una virgola della parte scritta.
Nastri adesivi speciali (immagine
5)
Chiunque abbia ripreso in mano vecchi libri scolastici a suo
tempo deteriorati dall’uso frequente, e riparati con mezzi di
fortuna, o comunque non professionali, si sarà reso conto che i
danni peggiori sono proprio quelli prodotti dai nastri adesivi
commerciali (più che mai quelli del passato): che, nella
migliore delle ipotesi, si staccano col tempo lasciando aloni e
macchie assolutamente indelebili; nella peggiore, restano
pervicacemente aderenti al supporto del quale nascondono a volte
parti di testo più o meno importanti, impedendo qualunque
rimozione, a meno di non lacerare o strappare irrimediabilmente
la pagina o la copertina sottostante.
Per le esigenze di riparazione – queste, invece, frequentissime
– degli spartiti paulliani sono stati utilizzati massivamente
(nel complesso, in ragione di decine e decine di metri) due
nastri speciali inalterabili nel tempo, prodotti in Germania e
accomunati, oltre che dal collante neutro a pH7, dal marchio
commerciale Filmoplast™:
- uno trasparente e sottilissimo, per le riparazioni correnti;
- un altro, più robusto e di colore bianco, per le unioni “di
forza” (tipicamente le piegature originariamente impresse a
fogli multipli, generalmente in due parti ma a volte anche tre o
più).
Poiché una lacerazione anche minima della carta (anche di
millimetri) rappresenta sempre un veicolo di lesioni più gravi,
si è optato per un intervento generalizzato, chiudendo tutte le
possibili cause di infezione futura; il nastro bianco è stato,
all’occorrenza, pennellato con acqua di caffè per renderlo più
simile al supporto (con esiti non sempre ottimali, ma pur sempre
preferibili al pallore del nastro vergine).
Altro
E infine, forbici a go-go, pennelli, cutter, gomme per
cancellare e altri attrezzi di uso comune. È stato, invece,
accuratamente evitato l’uso di punti metallici, a sua volta
suscettibile di produrre nel tempo guasti indesiderati (ruggini
e macchie).
A operazioni concluse si può ritenere che tutti gli spartiti
salvati del Paullianum (non solo, ovviamente, quelli ancora in
perfette condizioni, ma anche quelli riparati) potrebbero
rientrare in ciclo e “funzionare” ancora per parecchi anni:
eventualità che però ci permettiamo di sconsigliare.
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L’archiviazione
Gli spartiti del coro erano prevalentemente riposti all’interno
di cartelle rigide, di fattura, formato e colore i più diversi
possibili, spesso di recupero da archivi o progetti tecnici, con
o senza elastici (questi a loro volta per lo più rotti o
sfibrati): un vero e proprio campionario. Questa dotazione di
cartelle è stata comunque, molto sommariamente, ripassata e
conservata, per ospitare sia i residui spartiti di uso corrente
(in veste non pregiata, o in copie fotostatiche dell’originale
salvato), sia qualche copia fotostatica per memoria di quelli
non in uso, rimossi dalla circolazione.
Le scelte operate in ordine all’archiviazione degli spartiti di
pregio, riparati o comunque salvati, sono state improntate a
criteri di economicità e uniformità.
Cartelle (immagine 6)
Si è optato per cartelle alquanto spartane, cieche e senza
scritte, in cartoncino sottile di colore rosa scuro, aventi
formato 25 x 33 cm, senza elastico e con falde sui tre lati
aperti.
Inutile dire che ha prevalso il criterio di economicità
nell’adozione del cartoncino sottile, giustificata solo dalla
prevista assenza d’uso in futuro, e nella mancanza
dell’elastico, peraltro corroborata dalla nota massima di Henry
Ford (“se una cosa non c’è non si rompe”). Per il resto, il
formato è risultato – tra quelli commerciali – sufficiente ad
alloggiare tutti gli spartiti, senza rifilatura (nella
stragrande maggioranza) o con rifilatura limitata e inoffensiva
del testo (in pochi casi). Il colore, certamente opinabile,
ricorda assai vagamente quello rosa-aranciato della maggior
parte degli spartiti storici; ma non vi è nessuna difficoltà a
riconoscere che si tratta di un ripiego rispetto ad opzioni più
appropriate e gradite (nero o grigio o marrone scuro) ma
assurdamente costose: ripiego peraltro quasi obbligato stante
l’impresentabilità dei colori disponibili nei tipi economici più
diffusi in commercio (chissà perché, tutti volgarmente
sgargianti o chiassosi o comunque da “pugno-in-un-occhio”).
Frontespizi (immagine 7)
Sono stati realizzati su supporto avente il classico formato A4
(21 x 29,7 cm), totalmente autoadesivo in modo da rendere
possibile un’aderenza durevole e ben distribuita alla cartella,
senza uso di colle.
Il contenuto, improntato a massima uniformità ed essenzialità,
reca nell’ordine:
- la riproduzione di un’antica stampa (1781) della basilica,
conservata presso la biblioteca dell’Archiginnasio e presa dal
sito
www.storiaememoriadibologna.it;
- la dicitura “Coro Paullianum” in caratteri ridotti;
- il nome dell’autore e il titolo del brano in caratteri più
grandi, compatibilmente con la lunghezza;
- uno stemma dell’Ordine dei Barnabiti, recante la croce su tre
monti, affiancata dalle lettere P A (Paulus Apostolus).
Espositore (immagine 8)
Tutti gli spartiti salvati sono stati collocati in una vetrina,
posta nella sala delle prove del coro e recante all’esterno
un elenco dei brani, ordinato per titoli e per
autori.
L'elenco è riportato qui di seguito
in appendice.
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Appendice
Scarica l'elenco alfabetico degli spartiti
(per titoli / per autori / collezione Sabattini)
Chi fosse interessato ad uno o più spartiti della Biblioteca,
può farne richiesta, specificando il motivo, a
biblioteca@coropaullianum.it
Piero Mattarelli, maggio 2019
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